mercoledì 20 aprile 2011

LO SCEMPIO DELLA SABINA

Mappa esplicativa di quanto sta avvenendo a Passo Corese: in grigio l'area del polo industriale in costruzione, per la gran parte interna a quella destinata dalla Regione a parco archeologico (gialla). In nero l'area in cui, già a novembre 2010, operavano le ruspe (in parte interna a quella gialla). I cerchi colorati rappresentano i siti di interesse archeologico finora rilevati



Una minima parte del gigantesco cantiere relativo al polo logistico di Passo Corese (RI), in un'area ricca di storia e siti archeologici



Un'onda di cemento si sta per abbattere su Passo Corese, una frazione di Fara Sabina, in provincia di Rieti. In un'area celebre per la produzione dell'olio e per le distese di ulivi secolari, ricca di storia, cultura e natura, sorgeranno, nelle intenzioni dei fautori del progetto nato nel 2004, capannoni destinati alla logistica alti più di 15 metri che si estenderanno su 200 ettari, per un totale di circa 10 milioni di metri cubi. Un volume equivalente a una città di 150 mila abitanti. Previsti inizialmente in 6 milioni, i metri cubi sono quasi raddoppiati nella variante di Piano "di lieve entità", come era stata definita, approvata dalla Regione Lazio nel 2009. Atto inspiegabile considerato che, appena un anno prima, lo stesso ente aveva deciso di destinare l'area a parco archeologico.
"Tutto regolare", giurano i progettisti, il Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Rieti che, per bocca del presidente Andrea Ferroni, sostengono di aver acquisito "tutti i pareri necessari dal 2004 in poi, ivi compresa la valutazione di impatto ambientale". Ma dall'associazione "Sabina Futura", che da tempo, assieme ad altre realtà, si batte contro la realizzazione del polo logistico e la conseguente, irreversibile, devastazione di un luogo a forte vocazione turistica e culturale, si sottolinea con stupore come una zona vocata a parco archeologico sia potuta diventare industriale con un tratto di penna, prevedendo ulteriori sbancamenti di colline evidentemente incompatibili con qualsiasi valorizzazione e preservazione. "All'interno dell'area, gigantesca," dice Paolo Campanelli, presidente dell'associazione, "a ridosso del Tevere e collegata all'antico sito di Cures, c'è di tutto: da acquedotti a cunicoli, cisterne, ville, strade romane, compresa una strada di collegamento con la municipalità di Cures". Gli scavi effettuati negli anni, infatti, hanno evidenziato l'esistenza di siti legati a epoche e civiltà diverse, che vanno dal Paleolitico ai giorni nostri. "L'area è stata costantemente abitata" aggiunge Campanelli "ed è ricchissima di reperti".
I timori delle associazioni e di molti cittadini, tuttavia, non si fermano alla prospettiva del polo logistico. Il sospetto è che si profili una speculazione immobiliare: "Palazzine vendute a peso d'oro al posto dei capannoni" si legge in un articolo di Francesco Oggiano "costruite in una zona appetibilissima per i costruttori della Capitale". Gli elementi che avvalorerebbero questa tesi sono due: "Il nuovo piano casa della Regione Lazio" prosegue l'articolo "che consente ai proprietari di aree industriali dismesse", ciò che diventerebbe l'area di Passo Corese se fallisse il progetto del polo logistico, magari dando la colpa, si dice maliziosamente, all'intransigenza delle associazioni, "di accedere ad un aumento di cubatura del 30% e al cambio di destinazione d'uso". Il secondo elemento è di carattere tecnico ed è già sotto gli occhi di tutti. "Secondo stime approssimative" conclude Oggiano "un polo logistico ha bisogno di poche migliaia di litri d'acqua al giorno. Al contrario, per un quartiere residenziale di 30 mila persone, serve circa 1 milione di litri al giorno". Ebbene, per la zona industriale di Passo Corese, è stato realizzato un sistema di captazione d'acqua capace di prelevare 1,3 milioni di litri d'acqua al giorno. Decisamente tanti.
Molte ombre, quindi, si addensano su ciò che sta avvenendo in quella parte di Sabina, e che gravano sul futuro di chi vi abita. Un futuro che potrebbe tuttavia essere diverso. Le idee alternative al controverso progetto industriale, infatti, non mancano di certo e disegnano un orizzonte possibile, parlando di recupero e valorizzazione degli immensi tesori archeologici, di vocazione turistica e di tradizioni, di cultura del territorio. Di scelte fatte nell'interesse generale, davvero. Speriamo sia questo l'avvenire di tutte le Passo Corese d'Italia.


Il pozzo di captazione idrica del polo di Passo Corese. Una struttura, grande come un palazzo, sovradimensionata rispetto alle necessità di un'area industriale. Che si profili una zona residenziale?







venerdì 8 aprile 2011

RECUPERARE LA STORIA

La chiesetta del Divino Amore recintata per i lavori


Messa in sicurezza delle strutture e recupero. La piccola chiesa del Divino Amore di Via Salaria, Tra via di Villa Ada e via Archiano, è stata recintata lo scorso primo aprile per lavori che dureranno fino al 31 luglio prossimo e che potrebbero ridonare allo storico edificio, posto lungo l'antica via crucis che portava i pellegrini da Porta Salaria al monte Delle Gioie, lo splendore di un tempo. L'opera, una cappella votiva del XVIII secolo presso la quale veniva concessa l'indulgenza ai viandanti in cammino verso la basilica di San Silvestro, e da lungo tempo in stato di completo abbandono, rappresenta un importante tassello all'interno del mosaico storico dell'area, tanto che potrebbe nascondere al proprio interno, si dice, passaggi sconosciuti e inesplorati verso sottostanti, antichissime, gallerie.
La chiesetta, infatti, si inserisce in un contesto ricchissimo di storia, quello dell'antica via Salaria che, nel tratto compreso tra le attuali piazza Fiume e piazza di Priscilla, può vantare un patrimonio culturale invidiabile, anche se piuttosto trascurato: dal mausoleo di Lucilio Peto, chiuso al pubblico da tempo immemore e prima tappa dopo aver lasciato Porta Salaria in direzione del Mons Gaudiorum, alle catacombe di Trasone, situate all'altezza di via Yser e il cui unico ingresso è rappresentato da un tombino. Fino a quelle dei Giordani, egualmente antiche ma accessibili solo attraverso una minuscola porta metallica sempre chiusa all'inizio di Via Taro. Dopo la chiesetta del Divino Amore si passa accanto, inconsapevolmente a causa dell'assenza di segnali e vie d'accesso, alle catacombe si S.Ilaria, Ostriana e Via Anapo. Per giungere infine all'ingresso delle note Catacombe di S.Priscilla, tra le più importanti, estese e ricche di Roma e alla basilica di S.Silvestro, termine delle sacre processioni e primo accesso alle stesse catacombe.
Un viaggio a ritroso nel tempo e nella millenaria storia di Roma, le cui ricchezze culturali emergono ad ogni passo, anche in zone lontane dal centro storico. La speranza, quindi, è che il progetto di recupero della piccola cappella votiva sulla via per il Monte delle Gioie possa rappresentare un punto di partenza per giungere a una globale riscoperta e valorizzazione dell'area. Uno scrigno pieno di tesori storici da apprezzare e tutelare come meritano.


Una delle due lapidi poste sopra le grate della chiesa
"Stationes viae crucis ad crates visitantibus datur indulgentia ex rescr apost PII vII pm XIV kal mai CDDCCCXVII - A chiunque visiti le stazioni della via crucis dalle grate sia concessa l'indulgenza come previsto nel rescritto degli Apostoli di Papa Pio VII. 18 aprile 1817.



Interno della chiesa del Divino Amore