lunedì 16 febbraio 2009

STATO DI INSOLVENZA

Sceriffo Usa in una casa pignorata,
la foto di Anthony Suau vincitrice del
World Press Photo Award 2009. Emblema dei nostri tempi. ( Foto Ap)


La crisi globale non accenna ad allentare la propria morsa sulle economie di tutto il mondo e le imponenti somme messe a disposizione dai governi per soccorrere le banche sono già andate in fumo. Ora, come se non fossero trascorsi diversi mesi dalla deflagrazione dell'emergenza, urgono nuovi interventi per i bailouts, i salvataggi degli istituti di credito. Questo vuol dire che lo Stato libera le banche facendosi carico con soldi pubblici dei rischi assunti in precedenza da queste. "Nessuno però sa" si legge su Internazionale del 13 febbraio "quanto sia alto il prezzo da pagare e se alla fine lo Stato sarà davvero in grado di pagarlo". Il problema, infatti, è che le somme che i contribuenti di tutto il mondo dovranno sborsare sono gigantesche, nell'ordine di migliaia di miliardi e comincia a serpeggiare la plumbea prospettiva di veri e propri fallimenti per le Nazioni.
In poche parole servono montagne di denaro per rimettere in piedi non solo le banche ma anche l'economia reale, soldi che dovranno essere trovati dai governi, molti dei quali, però, devono fare i conti già ora con debiti cospicui. "Anche gli Stati possono fallire" prosegue l'articolo tratto da Der Spiegel "per esempio quando hanno debiti così alti da non riuscire a pagare gli interessi. Ma se anche lo Stato andrà in crisi, chi lo salverà? Se nessuno sarà più disposto a fargli credito, sarà costretto a fallire".
E non sono solo gli Usa a patire questa situazione, anche la Gran Bretagna, con un settore immobiliare al collasso, famiglie pesantemente indebitate e mondo finanziario impossibilitato a riprendersi. Per non parlare dei Pigs, in inglese porci, come causticamente venivano definiti proprio oltremanica i Paesi latini dai bilanci dissestati: Portogallo, Italia, Grecia e Spagna. Poker a cui deve aggiungersi l'Irlanda, altra Nazione coinvolta drammaticamente nella crisi. Proprio il Belpaese, però, sembra in grande difficolta: "A dicembre" continua Internazionale "il ministro del lavoro Maurizio Sacconi ha messo in guardia dal pericolo di una completa bancarotta dello Stato se i Btp" i buoni del Tesoro "restassero invenduti. 'Ci potrebbero essere problemi nel pagamento di stipendi e pensioni, e finiremmo come l'Argentina" le inquietanti parole del ministro.
Debiti in ascesa ed economie in picchiata, quindi, con lo spettro di un'uscita dalla moneta unica da parte dei Paesi più indebitati, prospettiva per ora fortemente respinta da Bruxelles. Per ora: "Prendiamo per esempio la Grecia" si legge ancora nell'articolo tratto da Der Spiegel "che nei prossimi due anni ha bisogno di 48 miliardi per saldare i vecchi debiti e nel frattempo deve tappare nuovi buchi di bilancio. Se si dichiarasse insolvente, eviterebbe conseguenze peggiori grazie all'appartenenza alla zona euro. La moneta unica si svaluterebbe un pò, ma dal momento che l'economia greca non ha una grande valenza in Europa, le ripercussioni sarebbero contenute. Anche le conseguenze per la Grecia sarebbero limitate: grazie all'euro, che comunque è una valuta forte [...] non ci sarebbero ripercussioni sull'economia reale, nè aumenti della disoccupazione".
Il problema, a quel punto, sarebbe però l'effetto domino su tutti gli altri Paesi in difficoltà, che opterebbero in massa per la soluzione-greca. "La moneta unica può reggere la bancarotta di uno Stato" conclude Internazionale "ma non una serie di fallimenti". Sarebbe la fine dell'euro, e con esso dell'Europa come la conosciamo ora.